sabato 22 giugno 2013
venerdì 21 giugno 2013
giovedì 20 giugno 2013
venerdì 14 giugno 2013
palepoli
"Palepoli" venne pubblicato nel 1973, solo qualche mese dopo l'esperimento (più che riuscito) degli Osanna di cimentarsi con la colonna sonora del lungometraggio di Fernando Di Leo "Milano Calibro 9" (tratto da un racconto di Scerbanenco).
Il disco, considerato ancora oggi uno dei capolavori del progressive italiano, rappresenta il punto d'incontro tra musica e teatralità, binomio di cui il gruppo faceva proprio punto di forza nelle esibizioni dal vivo.
Si tratta della realistica e per nulla autocelebrativa (quest'ultima caratteristica ricorrente della musica tradizionale partenopea) rappresentazione della città natale degli Osanna, Napoli, nella quale colore, allegria, paure, suoni e contraddizioni si lasciano narrare dall'evocativa fusione di sonorità mediterranee, musica d'avanguardia e puro rock'n'roll.
Ad aprire le danze è "Oro caldo", oltre diciotto minuti nei quali la città si presenta attraverso il vociare in lontananza della sua gente a sostenere il delicato flauto di Elio D'Anna, per poi lasciare spazio a divagazioni strumentali intramezzate da passaggi ritmati, ben sostenuti dalla chitarra di Danilo Rustici e dalle percussioni di Massimiliano Guarino.
I testi sono quanto di più figurativo gli Osanna avrebbero potuto adottare nell'intento di mostrarci la loro "Palepoli" ("E' una folla che mi grida: fame! ... La sua giostra è chiusa in una farsa" / "Giochi e mestieri d'uomini ... l'ilarita di un Pulcinella").
La breve "Stanza città" riprendendo l'inizio di "Oro Caldo" ci conduce in quello che resterà il brano più complesso ed ambizioso dell'intera produzione targata Osanna.
Gli oltre ventuno minuti di "Animale senza respiro" mettono ancora una volta in evidenza la coesione musicale del quintetto.
La lunga suite comprende momenti di riflessione musicale, aperture che strizzano l'occhio al jazz e sfuriate che si avvicinano all'hard rock.
Il testo (ancora oggi attuale) è un'accusa verso l'animale di turno, colpevole di aver distrutto l'esistenza di molti per soddisfare futili interessi (Brucerai aspri incensi ... e in quel fumo annegherai / Vaghi con la mente in un delirio che non ha piu fine dentro te ... Paghi con la vita le rovine che hai segnato sull'umanità).
Certo è che provare a descrivere attraverso semplici parole le sensazioni che dopo oltre trent'anni un disco come questo riesce ancora a suscitare è impresa ardua; ancor più difficile sarebbe il tentativo di tradurre l'esperienza del tour che gli Osanna fecero seguire all'uscita di Palepoli, rappresentando il disco in un contesto musicale-teatrale.
Pur essendo protagonisti del panorama musicale italiano in quegli anni, impegnati in prima persona anche nell'organizzazione di festival come il "Be-In" di Napoli, il gruppo l'anno successivo pubblicherà "Landscape Of Life" quando ormai le tensioni interne sono già troppo forti da permettere il proseguo dell'attività.
La band arriva così, di lì a poco, allo scioglimento. Solo nel 1978 uscirà un nuovo album dal titolo "Suddance" ben lontano però dall'apice compositivo toccato con "Palepoli".
Tracklist:
01. Oro caldo
02. Stanza città
03. Animale senza respiro
01. Oro caldo
02. Stanza città
03. Animale senza respiro
Oro caldo
Osanna
Gioia di vivere in un mondo vero,
dove c'è l'amore nelle case.
La realtà di un attimo vissuto:
c'è una folla che mi grida:
Fuje 'a chistu paese,
fuje 'a chistu paese.
Parole, penziere, perzone,
nun vanno ddaccordo nemmanco nu mese.
Fuje 'a chistu paese,
fuje 'a chistu paese.
L'ammore, 'na casa, nu munno,
so 'ccose luntane a 'sta gente ddjuna.
E' una folla che mi grida: fame!
La sua giostra è chiusa in una farsa.
Gente piena di segreti umani,
vecchie menti stanche di sperare.
Profondi solchi di trincee,
come le rughe di chi ha pianto mai.
Il mondo è polvere di noi.
C'è nebbia nella mente mia.
"Organizziamoci fra noi,
casa, lavoro avremo e poi..."
Falso, giusto, falso, giusto...
Oro caldo cola da una tromba ormai;
l'ombra di una nota fredda, muta esce da lei.
Fogli di un giornale, che non vive più.
Una cicca consumata come il tempo va.
Ghiacci volti stanchi vanno senza età;
come viole che nessuno suonerà;
e una mano graffia il viso tuo!
E' un mercato umano di pietà! Oh, no!
L'esile figura, espressione pia,
è bagnata da una pioggia di fragilità,
apre le sue mani, la sua fede dà.
Una luce come argento vecchio brillerà...
Una scia di vento corre verso me,
nei suoi vortici trascina la realtà.
Sento freddo nei pensieri miei,
mille voci mi calpestano! Oh, no!
Oro caldo vola, è una bomba ormai.
L'ombra di una vita nuda fredda, esce da lei.
Sfoglio il mio giornale ma non vivo più.
La mia vita consumate mentre il tempo va...
giovedì 13 giugno 2013
memorie del sottoscala
Quegli occhi tuoi cominceranno piano
a guardare indietro un tempo già lontano,
senza parlare e senza più recriminare
su ciò che si poteva fare
e che non è successo mai.
Ma qualche cosa rimane
negli occhi tuoi.
E il volto poi si scoprirà segnato
da tante storie che nessuno ha raccontato
senza finale: un commedia musicale
di solitudini a Natale
con chi non ti capiva mai.
a guardare indietro un tempo già lontano,
senza parlare e senza più recriminare
su ciò che si poteva fare
e che non è successo mai.
Ma qualche cosa rimane
negli occhi tuoi.
E il volto poi si scoprirà segnato
da tante storie che nessuno ha raccontato
senza finale: un commedia musicale
di solitudini a Natale
con chi non ti capiva mai.
martedì 11 giugno 2013
per non dimenticare MAI
Il 9 ottobre 1963 un'enorme frana precipita dal monte Toc nelle acque della diga del Vajont.
Un'ondata alta 200 metri travolge immediatamente i paesi vicini: Longarone, Rivalta, Pirago, Villanova, Faè, Erto, Casso, Castellavazzo sono ridotti a cumuli di macerie e di fango.
Muoiono 2500 persone, migliaia sono i senzatetto.
I Vigili del Fuoco lavorano ininterrottamente per settantadue giorni, salvando la vita di oltre settanta persone e recuperando i corpi di 1243 vittime.
Vajont è il nome del torrente che scorre nella valle di Erto e Casso per confluire nel Piave, davanti a Longarone e a Castellavazzo, in provincia di Belluno (Italia).
La storia di queste comunità venne sconvolta dalla costruzione della diga del Vajont, che determinò la frana del monte Toc nel lago artificiale.Sono stati commessi tre fondamentali errori umani che hanno portato alla strage: l'aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico; l'aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza; il non aver dato l'allarme la sera del 9 ottobre per attivare l'evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione.
Fu aperta un'inchiesta giudiziaria. Il processo venne celebrato nelle sue tre fasi dal 25 novembre 1968 al 25 marzo 1971 e si concluse con il riconoscimento di responsabilità penale per la previdibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi.
Ora Longarone ed i paesi colpiti sono stati ricostruiti.
La zona in cui si è verificato l'evento catastrofico continua a parlare alla coscienza di quanti la visitano attraverso la lezione, quanto mai attuale, che da esso si può apprendere.
Un'ondata alta 200 metri travolge immediatamente i paesi vicini: Longarone, Rivalta, Pirago, Villanova, Faè, Erto, Casso, Castellavazzo sono ridotti a cumuli di macerie e di fango.
Muoiono 2500 persone, migliaia sono i senzatetto.
I Vigili del Fuoco lavorano ininterrottamente per settantadue giorni, salvando la vita di oltre settanta persone e recuperando i corpi di 1243 vittime.
Vajont è il nome del torrente che scorre nella valle di Erto e Casso per confluire nel Piave, davanti a Longarone e a Castellavazzo, in provincia di Belluno (Italia).
La storia di queste comunità venne sconvolta dalla costruzione della diga del Vajont, che determinò la frana del monte Toc nel lago artificiale.Sono stati commessi tre fondamentali errori umani che hanno portato alla strage: l'aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico; l'aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza; il non aver dato l'allarme la sera del 9 ottobre per attivare l'evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione.
Fu aperta un'inchiesta giudiziaria. Il processo venne celebrato nelle sue tre fasi dal 25 novembre 1968 al 25 marzo 1971 e si concluse con il riconoscimento di responsabilità penale per la previdibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi.
Ora Longarone ed i paesi colpiti sono stati ricostruiti.
La zona in cui si è verificato l'evento catastrofico continua a parlare alla coscienza di quanti la visitano attraverso la lezione, quanto mai attuale, che da esso si può apprendere.
Iscriviti a:
Post (Atom)